Definizione e fattori di rischio
Con il termine di osteonecrosi dell’anca si intende la morte del tessuto osseo dell’anca, in questo caso della testa del femore. Si verifica quando l’apporto di sangue all’osso viene interrotto e le cellule a valle della lesione, non ricevendo più sangue e ossigeno, vanno incontro a morte cellulare. Il tessuto necrotico, non avendo più la resistenza del normale tessuto osseo, crolla sotto il peso del corpo causando una deformazione della testa femorale ed una artrosi secondaria. Si tratta di una patologia che colpisce maggiormente gli uomini, soprattutto tra i 40 e i 60 anni. Spesso è idiopatica, cioè non si riconosce una causa. Nelle forme secondarie invece, le cause più frequenti sono: le fratture dell’anca, le lussazioni dell’anca, l’alcool, la terapia prolungata con cortisone, forti stress emotivi, l’algodistrofia dell’anca, l’anemia falciforme, la malattia di Gaucher, l’embolia gassosa da decompressione.
Quali sono i sintomi?
Il primo sintomo d’esordio è spesso il dolore inguinale o gluteo: si tratta di un dolore trafittivo che aumenta con il carico e la deambulazione e che rispetto a quello dell’artrosi primaria ha un tempo di sviluppo molto più breve. Lo sviluppo clinico ed il peggioramento è molto più rapido rispetto alla normale artrosi: pertanto l’osteonecrosi dell’anca deve essere il primo sospetto clinico in un caso di forte dolore inguinale in assenza di traumi in un soggetto giovane-adulto di sesso maschile.
Se la malattia non viene riconosciuta in tempo degenera in una artrosi secondaria che causa una progressiva limitazione funzionale.
L’ostenecrosi dell’anca viene classificata secondo la classificazione ARCO in 4 stadi basati sul quadro radiografico e di risonanza magnetica.
Come si giunge ad una diagnosi tempestiva?
L’anamnesi e il dialogo con il paziente è sempre il punto di partenza ed ha l’obiettivo di ricercare potenziali fattori di rischio per l’osteonecrosi. Per quanto riguarda l’esame clinico, soprattutto nelle fasi iniziali, l’anca avrà una buona mobilità ma sarà dolente nelle rotazioni, soprattutto nell’intrarotazione.
La radiografia convenzionale è negativa nelle fasi iniziali e pertanto deve essere accompagnata dalla risonanza magnetica, che in questa patologia diventa l’esame di prima scelta ed è in grado di documentare e quantificare l’estensione della lesione.
Qual è il trattamento dell’osteonecrosi dell’anca?
Il trattamento dell’osteonecrosi dell’anca dipende da sostanzialmente dal grado di malattia: nei primi due stadi è consigliato un trattamento conservativo, soprattutto se il paziente è giovane, mentre nello stadio 3 e 4 (in cui si verifica il crollo della testa del femore con coxartrosi secondaria) è indicata la protesi.
Il trattamento conservativo consiste nella ossigenoterapia iperbarica e nella core-decompression. La terapia iperbarica trova il suo razionale nella maggior quantità di ossigeno che circola nel sangue, grazie alla maggior pressione atmosferica alla quale è esposto il paziente, e quindi nella maggior ossigenazione dei tessuti periferici, ossei e cartilaginei in questo caso. Al termine del trattamento la situazione deve essere rivalutata con una nuova risonanza magnetica.
La core-decompression invece consiste nella decompressione della testa del femore, cioè nel creare un foro nel collo e nella testa del femore che riduca la pressione al suo interno e crei nuovi vasi sanguigni che portino sangue e ossigeno alla parte necrotica. Le percentuali di riuscita sono tanto più alte quanto più il paziente è giovane. La decompressione viene associata ad un innesto osseo che aiuta la rigenerazione ossea e funge da sostegno meccanico.
Nei casi in cui si è già instaurata una artrosi con crollo della testa femorale (stadio 3 e 4) è indicata la protesi dell’anca, indipendentemente dall’età del paziente.
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